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Gli strumenti per il modello di business

Vediamo oggi una conferenza abbastanza lunga (poco meno di un’ora) in cui Alexander Osterwalder (autore del libro Business Model Generation) e l’imprenditore “seriale” Steve Blank ci parlano del Business Model canvas.


In alcuni momenti l’audio non è buono ma trovo comunque interessante la visione del filmato per vedere un po’ come si muove Alex Osterwalder. Ho letto molto quello che ha scritto ma è una delle prime volte che lo vedo presentare durante un video.

Registrato il 25 gennaio 2012.

Compilare la value proposition nel Business Model Canvas

La value proposition è il blocco centrale del business model canvas e descrive il motivo principale dell’esistenza del nostro progetto. In parole molto semplici in questo blocco bisogna spiegare cosa vogliamo dare al cliente, perchè dovrebbe scegliere noi invece di altri e perchè il nostro prodotto/servizio è migliore per i clienti che abbiamo individuato nel blocco customer relationships.

Descrivere cosa va scritto in questo rettangolo è piuttosto semplice ma appare molto più complicato trovare un modo efficace per compilare tale riquadro. Per facilitare la compilazione possiamo seguire tre indicazioni contenute nel libro “Creating & Delivering Your Value Proposition: Managing Customer Experience for Profit” (che, a mio parere, non vale quello che costa):

  • v.p is about customers but for your organization;
  • v.p. is not adressed to customers but must drive these communications;
  • v.p. articulates the essence of a businesss, definining exactly what the organization fully intends to make happen in the customer’s life.

Dal punto di vista analitico la value proposition è un concetto strettamente lagato a quello di valore. Per individuare il valore percepito dal cliente bisogna considerare i benefici dati dal prodotto/servizio in questione meno i costi (sostenuti dal cliente) per l’utilizzo. Sia il valore sia i benefici sia i costi possono essere anche di natura non economica. Un errore commessso dai project manager alle prime armi è, appunto, quello di considerare solo il lato economico del progetto dimenticando il resto.

Possiamo considerare l’esempio di Barilla

Lavoriamo con  l’ambizione di perseguire l’eccellenza in quello che amiamo fare.  Proprio la stessa ambizione che abbiamo sempre nutrito dalla nostra fondazione. Ci basiamo sulle passioni delle persone e sul loro desiderio e determinazione per fare la differenza. Siamo diversi nelle nostre capacità di leadership e nel nostro background culturale, un mix unico, in cui tradizione ed innovazione si incontrano ed ispirano i prodotti per cui ci distinguiamo. Il nostro futuro, così come il nostro passato, è segnato da persone che hanno fatto da guida grazie al loro spirito di iniziativa personale. E il nostro successo è il risultato della collaborazione di individui che condividono le stesse passioni: Barilla e il cibo.

che sicuramente è buono anche se decisamente troppo lungo da utilizzare nel Business Model Canvas dove andrebbe utilizzato uno stile più conciso e sintetico, preferibilmente scritto sotto forma di elenco.

E’ posssibile approfondire le regole per la scrittura della value proposition in questo articolo 10 Value Proposition Examples che ripercorre i punti individuati dallo stesso Alexander Osterwalder nel suo best seller Business Model Generation.

Business Model Canvas: customer segments

Dopo aver affrontato l’introduzione al Business Model Canvas ed le prime indicazioni sulla compilazione del riquadro delle Key parnership è il momento della parte relativa alla segmentazione dei clienti (customer segments).

Insieme alla gestione dei costi si tratta di uno degli argomenti più discussi dalla letteratura specializzata. Si tratta di indicare in questo blocco i clienti ai quali puntiamo oppure, più precisamente, i segmenti di mercato ai quali puntiamo. Ogni segmento va quindi definito nei suoi tratti fondamentali, per trovare delle coerenze di fondo che possano portare gli appartenenti al segmento a dei comportamenti abbastanza omogenei ed attribuire un nome al segmento stesso, in funzione delle caratteristiche distintive che questo possiede.

Il libro Business Model Generation ci fornisce cinque utili punti per verificare se un gruppo di clienti possano o meno essere considerati facenti parte dello stesso segmento di mercato. I clienti rappresentano due (o più) segmenti separati se:

  • their needs require and justify a distinct offer
  • they are reached through different Distribution Channels
  • they require different types of relationships
  • they have substantially different profittabilities
  • they are willing to pay for different aspects of the offer
Divisione e segmentazione

Divisione e segmentazione

Nel caso di marketing di massa il numero di segmenti da elencare può essere molto elevato. In questo caso, e solo in questo caso, è possibile raggruppare i segmenti in categorie più grandi ed indicare solo quelle nel canvas avendo cura di riportare un riferimento alla lista più dettagliata. Si tratta di un trucco che facilita la lettura veloce del business model canvas compilato ma fa perdere molta precisione, per questo va utilizzato solo quando è praticamente imposssibile riportare tutti i segmenti interessati sul foglio.

Nella rappresentazione grafica può essere una buona indicazione da seguire quella di scrivere i nomi dei segmenti secondo le caratteristiche che li contraddistinguono, riportando segmenti simili vicini e segmenti opporsti lontani. Se il foglio è sufficientemente grande da permetterlo, è possibile disegnare delle linee per racchiudere insieme segmenti simili, magari indviduando uno o due termini chiave.

Business Model Canvas: Key Partnership

Dopo una doverosa introduzione al business model canvas proseguiamo la nostra analisi affrontando delle regole generali ed alcuni accorgimenti per la sua compilazione. Parallelamente verrà sviluppato anche un esempio pratico per facilitare la comprensione man mano che si prosegue con la teoria. Oggi vediamo come si compila l’area denominata: key partnership.

Questo riquadro si colloca all’estrema sinistra del canvas e contiene tutti i soggetti con i quali la nostra azienda ha in essere delle partnership. Anche se nelle versioni italiane del canvas spesso viene utilizzato erroneamente il termine “fornitori”, l’area di interesse è ben più estesa includendo, oltre ai fornitori veri e propri, anche altre aziende concorrenti, joint ventures, gruppi e associazioni di consumatori. In altre parole vanno elencati in questa area del canvas tutti quei soggetti che ci forniscono risorse beni, informazioni e servizi e sono esterni alla nostra azienda (o al nostro progetto).

Omino OK

Nel libro Business Model Generation vengono indicati quattro tipi di partnership:

  1. Strategic alliances between non-competitors
  2. Coopetition: strategic parnerships between competitors
  3. Joint ventures to develop new businesses
  4. Buyer-supplier relationshps to assure reliable supplier

Si tratta dunque non solo di fornitori di beni materiali ma tutti quei soggetti con cui costituiamo un legame più o meno forte e più o meno duraturo per raggiungere il nostro obiettivo. I nostri partner, quindi, potrebbero anche essere dei nostri diretti concorrenti con i quali, però, ci alleiamo temporaneamente perchè questo porta benefici ad entrambi. Un esempio semplice, pratico ed un po’ banale sono i gruppi di acquisto tra aziende per avere una posizione più forte verso il fornitore e per risparmiare facendo economie di scala.

Business model canvas

Business model canvas

Ne è un esempio concreto l’allenza tra due produttori di PC notebook: Packard Bell ed Asus. Le due aziende sono evidentemente in competizione tra loro mirando praticamente allo stesso mercato con prodotti di fasce sovrapponibili. Nec (che produce la linea Packard Bell) e Asus, però, hanno deciso di essere partner per quanto riguarda la progettazione e la produzione (o meglio l’acquisto da un fornitore esterno) di batterie per i loro PC. Infatti se voi acquistate una batteria di ricambio per un PC di uno dei due produttori citati è molto probabile che la stessa possa essere utilizzata anche su uno dei modelli di PC prodotti dall’altra. Con la differenza del nome impresso che sicuramente viene stampato prima della spedizione lasciando la differenziazione del prodotto alla fine della catena produttiva per abbattere i costi.

Oltre all’economia di scala esistono almeno altre due motivazioni che spingono diverse società a stringere partnership: la prima è la riduzione dell’incertezza. Questo significa che i partner si alleano per trovare uno standard comune da seguire (nel libro viene citato l’esempio del consorzio che ha stabilito le caratteristiche dei Blu-ray). La seconda è la condivisione di alcune attività o risorse particolarmente costose oppure raramente utilizzate. Unendosi è certamente più probabile riuscire a trovare le risorse per acquistare una preziosa risorsa ed essendo in più di uno ad utilizzarla, con una buona pianificazione delle attività, è possibile saturare il tempo con il quale questa viene impiegata.

Un esempio un po’ più complesso ma che comunque voglio fare per concludere l’articolo è legato alla produzione/distribuzione dell’energia elettrica. Tranne casi particolari l’energia elettrica prodotta non può essere immagazzinata quindi le centrali elettriche devono sempre modulare la quantità di energia prodotta al consumo istantaneo di tutti gli utenti collegati. Ad un livello più operativo: se accendo una lampadina da 60W la centrale elettrica a cui sono collegato deve produrre 60W in più finchè la spengo. Considerando che variare le quantità di energia prodotta dalle centrali è molto costoso la tecnica seguita dalle aziende del settore è quella di collegare inseme un numero elevatissimo di utenti in modo da massimizzare le probabilità che, nel momento in cui io spengo la lampadina da 60W, qualcuno ne accenda un’altra, in modo che la centrale produca una quantità di energia elettrica il più possibile costante, che per loro è più semplice ed economico. Questo per dimostrare le potenzialità delle partnership chiave.

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