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articoli di management e gestione d’impresa in generale.

Creare uno store on-line facilmente, con Goodsie

L’articolo odierno continua la carrellata di startup interessanti scovate in giro per il web. Dopo aver parlato di Aisle411 è ora il turno di Goodsie. Prima di continuare ricordo che, ovviamente, se volete consigliare delle startup di cui parlare siete più che i benvenuti.

Come ho detto la startup di oggi si chiama Goodsie e si tratta di un progetto che permette ad utenti relativamente entry-level di aprire un proprio store on-line dove vendere i prodotti. La definizione di utenti entry-level in questo caso è utilizzata in un senso abbastanza ampio ovvero tutti quegli utenti che vogliono vendere on-line i propri prodotti ma non hanno le conoscenze necessarie per programmare un proprio store oppure per installare una applicazione web nella parte di server che ospita il loro sito.

Goodsie is a hosted e-commerce service that allows you to quickly and easily set up shop online — no coding required. We offer beautiful layouts with point-and-click design customization, plus rich features for increasing your brand’s reach, such as Facebook storefronts and email marketing.

Anche l’utente più ignorante di programmazione web, quindi, può creare la propria piattaforma di vendita on-line in maniera facile, veloce ed intuitiva contando su uno dei vari layout già disponibili nel sito e senza preoccuparsi di tutte quelle procedure di validazione della sicurezza del codice dello store on-line.


L’idea non è particolarmente innovativa in quanto già da tempo esistono diversi CMS di e-commerce alcuni dei quali anche gratuiti ma devo dire che il team dietro a Goodsie ha fatto un buon lavoro sviluppando il sito in maniera intuitiva ed utilizzabile praticamente da chiunque.

La parte che non mi convince del tutto è quella del listino prezzi che, al momento, contiene solo due opzioni di cui quella più economica a 15€/mese. Tenuto conto che i costi legai allo sviluppo della piattaforma sono senza dubbio costi fissi, quindi indipendenti dal numero di utenti abbonati e visto che il target di clientela è praticamente quello dei venditori occasionali avrei certamente arricchito l’offerta con un abbonamento free con alcune limitazioni. Se guardiamo alle caratteristiche del business model, la soluzione dell’offerta cosiddetta freemium pare proprio la soluzione ideale.

Come funziona Venezia e l’acqua alta? ecco un’ottima spiegazione

Il video di oggi rappresenta un esempio di eccellenza nella comunicazione di un’agenzia pubblica e dimostra come anche aziende statali, dopo anni di diffidenza e sprechi senza fondo verso il digital, si stiano muovendo nella giusta direzione e con ottimi risultati.

Il video è stato realizzato dalla regia di Nicolò Scibilia in collaborazione e fa parte del progetto Venice Backstage portato avanti da Insula: un futuro per Venezia.

Venezia non è solo una scenografia.

È anche una città abitata, dove ci sono attività produttive, trasporti e servizi.
Ma come funziona il “sistema Venezia”? Come si comportano le maree della laguna?
Come sono fatti i rii? E le sponde? Cosa c’è sotto i palazzi?
Dove passano i tubi del gas e dell’elettricità? Quali sono i problemi causati da un ambiente così umido?
Venice Backstage racconta il “dietro le quinte” di Venezia, per far apprezzare ancora di più la bellezza fragile e antica di questa fantastica città.

Questo ed altri video sono disponibili anche in lingua inglese nel canale di Vimeo di Venice backstage.

Ed ora…gustiamoci il video!

Venice Backstage. Come funziona Venezia? from Insula spa on Vimeo.

Value Proposition Designer, il nuovo tool di Alex Osterwalder

Vediamo oggi un’anteprima del nuovo strumento che sta prendendo forma presso la Business Model Foundry di Alexander Osterwaler: the value proposition designer. Preciso subito che si tratta di uno strumento ancora work-in-progress quindi le informazioni riportate potranno subire delle modifiche prima della versione definitiva.

Come è facile intuire dal nome dello strumento, si tratta di una tecnica strettamente lagata alla value proposition del nostro modello di business e focalizza l’attenzione sulle relazioni (sia positive sia negative) tra questa ed i bisogni del segmento di mercato. Anche graficamente è evidente il collegamento tra value propostion designer e business model canvas.

Come compilare il grafico

Partendo dal cerchio di destra, che rappresenta uno specifico segmento di mercato, è facile individuare le tre parti in cui è stato diviso:

  • customer job(s);
  • gains;
  • pains.

I customer jobs sono le attività e gli obiettivi che i clienti facenti parte del segmento in esame vogliono raggiungere. Si tratta sia di necessità concrete sia di bisogni più astratti sia attività molto concrete che rappresentano, appunto, il traguardo che i nostri clienti (o i nostri potenziali clienti) vogliono raggiungere. I restanti settori, invece, sono stati creati per contenere le idee, le impressioni, le opinioni e, più in generale, i pensieri dei clienti in merito agli obiettivi e alle attività che sono state indicate come customers jobs. Credo sia superfluo indicare che pains e gains si riferiscono, rispettivamente, a concetti negativi e positivi.

Concettualmente questa suddivisione viene ripresa nel quadrato a sinistra del foglio, identificato da un pacco regalo.

Il quadrato della value proposition si compone delle seguenti parti:

  • products & services;
  • gain creators;
  • pain relievers.

Più nello specifico i products & services sono i prodotti ed i servizi che il nostro progetto o la nostra start-up mette a disposizione dei clienti per aiutarli a raggiungere i customers jobs.

Le parti gains creators e pain relievers giustificano come ciò che è stato identificato come products & services aiuti i clienti nei confronti dei gains e dei pains che i clienti hanno verso gli obiettivi che vogliono raggiungere.

Approfondimenti

Per approfondire l’argomento segnalo alcune fonti interessanti:

entrambi sono articoli scritti dallo stesso Osterwalder sul proprio blog all’interno del sito Business Model Alchemist, il primo è un’introduzione a questo metodo mentre il secondo ha un taglio più di approfondimento.

Dove trovare il pdf da stampare?

Una bozza del value proposition designer può essere scaricata direttamente dal sito del Business Model Generation a questo indirizzo.

Un esempio di business model canvas (lavaggio self service e toelettatura cani)

Con l’articolo di oggi onoro una promessa fatta in uno degli articoli della serie legata alla compilazione del business model canvas (ideato, ricordiamolo, da Alexander Osterwalder e dai suoi collaboratori), ovvero proporre un esempio applicativo dell’utilizzo di tale strumento.

Prima di continuare vale la pena di riassumere gli articoli della citata guida alla compilazione:

Come è facile vedere, mancano i due blocchi inferiori (cost structure e revenue streams), che verranno trattati a breve. Vista la mole di letteratura disponibile sull’argomento costi/ricavi questi riquadri sono rimasti un attimo in sospeso, nell’attesa di mettere insieme qualcosa di originale ed utile dal punti di vista pratico, senza cadere nella banalità.

Esempio di business model canvas

Esempio di business model canvas

Un esempio pratico: soap dog

L’esempio che consideriamo oggi è quello dell’apertura di un negozio di toelettatura e lavaggio cani: Soap Dog. Trattandosi di business model canvas è necessario mettere un po’ di innovazione in un modello di business vecchio ormai di oltre un decennio.

Per questo motivo, come è possibile vedere dal canvas, non si tratta di un negozio classico di toelettatura cani ma di un locale, opportunamente attrezzato con delle postazioni e degli impianti ad hoc per consentire ai proprietari di lavare i propri cani con tutta la dotazione necessaria e in un ambiente facile da pulire (self service).

Soap dog

Soap dog

Il secondo punto di innovazione stà nel fatto che questo locale, durante i giorni e gli orari meno frequentati (per esempio la mattina presto durante la settimana) viene completamente o parzialmente affittato a toelettatoriche non hanno un numero di clienti tali da giustificare l’apertura di un negozio personale. Questa opzione è molto apprezzata, per esempio, da giovani che decidono di intraprendere questa professione e che, in questo modo, possono iniziare a crearsi un ventaglio di clienti in previsione di aprire il proprio negozio. Inoltre l’utilizzo del negozio gli permette di pagare un canone flessibile in base al numero di cani lavati e alle ore di utilizzo degli impianti. I benefici riguardano il negozio che riesce a saturare gli impianti anche nelle ore in cui solitamente l’affluenza è molto bassa e dei toelettatori che possono lavorare senza i costi iniziali di apertura di un’attività in proprio.

Sebbene le caratteristiche del negozio siano le stesse, è facile vedere dal blocco customer segments come i potenziali clienti di questo progetto sono essenzialmente due: i proprietari di cani ed i toelettatori. Due tipi di clienti molto diversi per cui è stata individuata una value propostion completamente diversa mentre la parte sinistra, inerente essenzialmente al negozio e alle risorse ed attività necessarie, è univocha.

Nella parte inferiore del canvas sono stati indicati i costi fissi e variabili che è necessario sostenere per il mantenimento del negozio mentre nella parte destra sono stati indicati i ricavi. In questa parte del canvas solitamente è utile indicare delle cifre (anche approssimative) legate all’entità delle cifre di cui si parla. In questo caso è stato scelto di riportare solo le voci in quanto, essendo un esempio e non essendo nota la dimensione del negozio, sarebbe stato troppo azzardato individuare dei valori numerici.

Se doveste avere dei dubbi in merito al Business Model Canvas in generale vi consiglio la lettura del manuale “Creare Modelli di Business” scritto direttamente da Alex Osterwalder, ricco di interessanti esempi ed approfondimenti. Per domande in merito a questo esempio scrivete pure nei commenti.

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