Lean Solutions

ingegneria ed innovazione

Category: management (page 23 of 32)

articoli di management e gestione d’impresa in generale.

Tecnica VRP 1: parti fisse e parti variabili

La prima tecnica variety reduction program (VRP) consiste nel confronto tra parti fisse e parti variabili. Per ciascun prodotto si stabilisce una classificazione delle parti che lo compongono all’interno di una di queste due categorie. Per parti fisse si intendono le parti comunemente impiegate per soddisfare i requisiti funzionali di una varietà di modelli, mentre si chiamano parti variabili quelle parti che consentono l’adeguamento dinamico alle mutevoli esigenze del mercato. Questo concetto si applica quando si vuole contenere la varietà delle parti e dei processi anche nell’ambito di una diversificazione di prodotto.
Occorre tenere presenti tre concetti di fondamentale importanza:

  • lo scopo di questa tecnica è la creazione di un diverso insieme di prodotti in modo da combinare le parti fisse (che formano la base dei gruppi di prodotti) con le parti variabili (che formano la base dei singoli prodotti);
  • le parti variabili servono sostanzialmente a soddisfare le esigenze di mercato;
  • le parti fisse rispondono principalmente alle esigenze di progettazione e produzione.

Una volta terminata la classificazione in parti fisse e parti variabili si procede ad identificare una struttura comune a diversi prodotti che, attraverso l’assemblaggio con altre parti variabili, danno origine ad un elevato numero di varianti. In questo modo si hanno due tipi di parti caratterizzate da due tipi completamente diversi di livelli di assorbimento da parte del mercato, tempi di produzione e quindi gestione della produzione. La struttura base è caratterizzata da un’elevata quantità di unità prodotte quindi sono possibili economie di scala e piccoli miglioramenti del processo produttivo possono portare a grandi risultati se moltiplicati per il numero di unità prodotte. Per quanto riguarda la produzione delle parti variabili, invece, la numerosità di parti realizzate è inferiore essendo diverse da versione a versione. In questo caso gli obiettivi della produzione saranno, tra gli altri, una riduzione spinta del lead time di produzione in modo da consentire di produrre le parti variabili solo in seguito alla richiesta del cliente senza superare i tempi consentiti dal mercato.

Matrice Boston consulting group

La matrice Boston è uno strumento molto diffuso nel campo della consulenza di direzione e permette di rappresentare in un piano la poszione dei uno o più prodotti rispetto al tasso di sviluppo del mercato e alla quota di mercato che questo possiede. I prodotti e/o le gamme omogenee sono rappresentati con dei circoli, la cui grandezza indica il volume di attività o il volume di margini.

Matrice Boston

Matrice Boston

A seconda della posizione occupata dai prodotti esaminati questi rientrano in una delle quattro classi indicate:

  1. question marks: prodotti che hanno una quota di mercato bassa in un mercato che si sviluppa molto;
  2. stars: prodotti che hanno una quota di mercato elevata in un mercato che si sviluppa molto;
  3. dogs: prodotti che hanno una quota di mercato bassa in un mercato che si sviluppa poco;
  4. cash cows: prodotti che hanno una quota di mercato elevata in un mercato che si sviluppa poco.

A seconda della categoria di appartenenza il management deve perseguire una strategia che punti in una specifica direzione, tali casistiche saranno oggetto dei prossimi articoli.

Results Only Work Environment, questo sconosciuto (in Italia)

Il ROWE, ovvero il Results Only Work Environment, è una tecnica di gestione del personale in cui l’orario di lavoro è fessibile ed in cui i dipendenti vengono misurati sul raggiungimento degli obiettivi. In altre parole, secondo questa tecnica pressoché sconosciuta nel nostro Paese, il dipendente ed il proprio superiore fissano, ad intervalli regolari, dei risultati da raggiungere sulla base delle capacità del lavoratore, della disponibilità di tempo, delle risorse disponibili e delle necessità aziendali. Una volta fissati gli obiettivi il lavoratore ha massima flessibilità e libertà rispetto all’orario di lavoro, sia come orario di entrata e di uscita, sia come numero di ore giornaliere passate all’interno dell’azienda.

Questo approccio, piuttosto estremo, è stato implementato in numerosi uffici di grandi (e piccole) aziende americane con un aumento medio della produttività intorno al 35% (secondo quando dichiarato dal sito GoRowe.com).

Il sistema secondo me è molto interessante anche se di gran lunga più complicato e difficile da applicare di quanto possa sembrare. La prima considerazione, piuttosto ovvia, è che tale approccio si presta ad essere applicato solo a lavori in cui le scadenze hanno un orizzonte temporale quanto meno settimanale ed in cui non è richiesta la collaborazione di più membri dello stesso gruppo contemporaneamente. Quest’ultimo punto, in particolare, genera qualche perplessità in quanto sempre più le aziende moderne richiedono che un lavoro venga svolto tramite la collaborazione tra diverse persone di uno stesso team. Una applicazione drastica del ROWE sarebbe quindi controproducente da questo punto di vista. Per i motivi appena descritti è piuttosto difficile applicare una metodologia così flessibile a lavori manuale ed operativi, oltre che a lavori a contatto con il pubblico (es. sportellisti ed uffici di relazioni con il pubblico).

Un ulteriore aspetto cruciale è il calcolo del numero di risultati che vengono richiesti al dipendente nel caso di malattia e/o ferie o permessi. Mentre nel caso di orario di lavoro rigido è piuttosto semplice il calcolo delle ore perse per assenteismo, la stima si fa più complessa nel caso di orario libero e flessibile in quanto (per esempio) un dipendente malato durante al settimana sarebbe costretto a lavorare nel weekend per recuperare il lavoro “rimasto indietro”.

Di contro gli aspetti positivi sono notevoli:

  • incentivo a lavorare velocemente ed efficacemente;
  • massima possibilità di bilanciare impegni lavorativi ed impegni personali;
  • motivazione del personale che viene giudicato sui risultati ottenuti;
  • possibilità di lavorare da casa;
  • possibilità di combinare insieme due lavori.

Un ultimo vantaggio (per l’azienda) potrebbe essere quello di pagare i dipendenti in base al numero e all’entità degli obiettivi che gli vengono posti garantendo così una certa flessibilità anche negli stipendi dei dipendenti. Questo aspetto potrebbe, purtroppo, rivelarsi piuttosto pericoloso per lavoratori stagionali e per dipendenti di aziende in crisi.

Con questo brainstorming spero di avervi incuriosito ad approfondire il ROWE. Per approfondire il tema viene quasi sempre consigliato il libro Why Work Sucks and How to Fix It: The Results-Only Revolution di Cali Ressler e Jody Thompson. Personalmente non ho letto questo libro ma sono sicuro che sarà uno dei prossimi che leggerò quindi aspettatevi una recensione. Se qualcuno lo ha letto, ovviamente, è il benvenuto per fare qualche considerazione qui sul blog.

[asa]1591842921[/asa]

Il fattore umano

Riporto qualche riga tratta dal libro Tecnica ed economia della produzione di Vittorio Zignoli, penso che meriti qualche momento di riflessione. Considerate che l’edizione originale del libro risale agli anni ’60.

Il lavoro è l’apporto che l’umanità offre alla produzione.

Per gli economisti classici il lavoro è una pena necessaria, un tributo di sacrifici che l’umanità destina al soddisfacimento dei sui bisogni.

Dovrebbe essere uno degli scopipiù alti dell’organizzazione industriale moderna l’eliminazione, nel limite del possibile, di quella pena e di quei sacrifici sucitando il loro vece la gioia del lavoro.

Older posts Newer posts

© 2024 Lean Solutions

Theme by Anders NorenUp ↑