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articoli di management e gestione d’impresa in generale.

Business Model Canvas: customer segments

Dopo aver affrontato l’introduzione al Business Model Canvas ed le prime indicazioni sulla compilazione del riquadro delle Key parnership è il momento della parte relativa alla segmentazione dei clienti (customer segments).

Insieme alla gestione dei costi si tratta di uno degli argomenti più discussi dalla letteratura specializzata. Si tratta di indicare in questo blocco i clienti ai quali puntiamo oppure, più precisamente, i segmenti di mercato ai quali puntiamo. Ogni segmento va quindi definito nei suoi tratti fondamentali, per trovare delle coerenze di fondo che possano portare gli appartenenti al segmento a dei comportamenti abbastanza omogenei ed attribuire un nome al segmento stesso, in funzione delle caratteristiche distintive che questo possiede.

Il libro Business Model Generation ci fornisce cinque utili punti per verificare se un gruppo di clienti possano o meno essere considerati facenti parte dello stesso segmento di mercato. I clienti rappresentano due (o più) segmenti separati se:

  • their needs require and justify a distinct offer
  • they are reached through different Distribution Channels
  • they require different types of relationships
  • they have substantially different profittabilities
  • they are willing to pay for different aspects of the offer
Divisione e segmentazione

Divisione e segmentazione

Nel caso di marketing di massa il numero di segmenti da elencare può essere molto elevato. In questo caso, e solo in questo caso, è possibile raggruppare i segmenti in categorie più grandi ed indicare solo quelle nel canvas avendo cura di riportare un riferimento alla lista più dettagliata. Si tratta di un trucco che facilita la lettura veloce del business model canvas compilato ma fa perdere molta precisione, per questo va utilizzato solo quando è praticamente imposssibile riportare tutti i segmenti interessati sul foglio.

Nella rappresentazione grafica può essere una buona indicazione da seguire quella di scrivere i nomi dei segmenti secondo le caratteristiche che li contraddistinguono, riportando segmenti simili vicini e segmenti opporsti lontani. Se il foglio è sufficientemente grande da permetterlo, è possibile disegnare delle linee per racchiudere insieme segmenti simili, magari indviduando uno o due termini chiave.

Business Model Canvas: Key Partnership

Dopo una doverosa introduzione al business model canvas proseguiamo la nostra analisi affrontando delle regole generali ed alcuni accorgimenti per la sua compilazione. Parallelamente verrà sviluppato anche un esempio pratico per facilitare la comprensione man mano che si prosegue con la teoria. Oggi vediamo come si compila l’area denominata: key partnership.

Questo riquadro si colloca all’estrema sinistra del canvas e contiene tutti i soggetti con i quali la nostra azienda ha in essere delle partnership. Anche se nelle versioni italiane del canvas spesso viene utilizzato erroneamente il termine “fornitori”, l’area di interesse è ben più estesa includendo, oltre ai fornitori veri e propri, anche altre aziende concorrenti, joint ventures, gruppi e associazioni di consumatori. In altre parole vanno elencati in questa area del canvas tutti quei soggetti che ci forniscono risorse beni, informazioni e servizi e sono esterni alla nostra azienda (o al nostro progetto).

Omino OK

Nel libro Business Model Generation vengono indicati quattro tipi di partnership:

  1. Strategic alliances between non-competitors
  2. Coopetition: strategic parnerships between competitors
  3. Joint ventures to develop new businesses
  4. Buyer-supplier relationshps to assure reliable supplier

Si tratta dunque non solo di fornitori di beni materiali ma tutti quei soggetti con cui costituiamo un legame più o meno forte e più o meno duraturo per raggiungere il nostro obiettivo. I nostri partner, quindi, potrebbero anche essere dei nostri diretti concorrenti con i quali, però, ci alleiamo temporaneamente perchè questo porta benefici ad entrambi. Un esempio semplice, pratico ed un po’ banale sono i gruppi di acquisto tra aziende per avere una posizione più forte verso il fornitore e per risparmiare facendo economie di scala.

Business model canvas

Business model canvas

Ne è un esempio concreto l’allenza tra due produttori di PC notebook: Packard Bell ed Asus. Le due aziende sono evidentemente in competizione tra loro mirando praticamente allo stesso mercato con prodotti di fasce sovrapponibili. Nec (che produce la linea Packard Bell) e Asus, però, hanno deciso di essere partner per quanto riguarda la progettazione e la produzione (o meglio l’acquisto da un fornitore esterno) di batterie per i loro PC. Infatti se voi acquistate una batteria di ricambio per un PC di uno dei due produttori citati è molto probabile che la stessa possa essere utilizzata anche su uno dei modelli di PC prodotti dall’altra. Con la differenza del nome impresso che sicuramente viene stampato prima della spedizione lasciando la differenziazione del prodotto alla fine della catena produttiva per abbattere i costi.

Oltre all’economia di scala esistono almeno altre due motivazioni che spingono diverse società a stringere partnership: la prima è la riduzione dell’incertezza. Questo significa che i partner si alleano per trovare uno standard comune da seguire (nel libro viene citato l’esempio del consorzio che ha stabilito le caratteristiche dei Blu-ray). La seconda è la condivisione di alcune attività o risorse particolarmente costose oppure raramente utilizzate. Unendosi è certamente più probabile riuscire a trovare le risorse per acquistare una preziosa risorsa ed essendo in più di uno ad utilizzarla, con una buona pianificazione delle attività, è possibile saturare il tempo con il quale questa viene impiegata.

Un esempio un po’ più complesso ma che comunque voglio fare per concludere l’articolo è legato alla produzione/distribuzione dell’energia elettrica. Tranne casi particolari l’energia elettrica prodotta non può essere immagazzinata quindi le centrali elettriche devono sempre modulare la quantità di energia prodotta al consumo istantaneo di tutti gli utenti collegati. Ad un livello più operativo: se accendo una lampadina da 60W la centrale elettrica a cui sono collegato deve produrre 60W in più finchè la spengo. Considerando che variare le quantità di energia prodotta dalle centrali è molto costoso la tecnica seguita dalle aziende del settore è quella di collegare inseme un numero elevatissimo di utenti in modo da massimizzare le probabilità che, nel momento in cui io spengo la lampadina da 60W, qualcuno ne accenda un’altra, in modo che la centrale produca una quantità di energia elettrica il più possibile costante, che per loro è più semplice ed economico. Questo per dimostrare le potenzialità delle partnership chiave.

Hai un’idea? trovati un garage dove realizzarla

…ma va bene anche una cantina…

Ecco un’infografica molto semplice ma altrettanto efficace sulla motivazione ad alzare il sedere e darsi una mossa. Sento spesso persone lamentarsi del proprio lavoro, del proprio capo, del proprio stipendio e di ogni altra cosa…lamentarsi non serve a nulla, bisogna alzarsi e lavorare per cambiare quello che non ci piace, ovviamente iniziando dal basso.

Garage Entrepreneurship

Garage Entrepreneurship

La storia dei Post-It

I piccoli foglietti adesivi colorati prodotti in origine solo dalla 3M sono degli oggetti davvero immancabili in qualsiasi innovation meeting che si rispetti, in questo post vediamo la loro storia e come la nascita di uno dei prodotti di punta della multinazionale 3M sia stata possibile grazie alla lungimiranza del proprio amministratore.

Nel 1968 Spencer Silver era un chimico impiegato alla 3M che, durante una sperimentazione, trovò un tipo di colla avente la particolarità di non asciugarsi mai completamente lasciando la possibilità di risollevare quanto incollato senza lasciare il segno sulla superficie dove era stato appoggiato. Tale soluzione rimase a lungo in sospeso considerando che quella colla non sarebbe stata utilizzabile su nessun prodotto realizzato in quel momento dall’azienda. Sei anni dopo, il suo collega Arthur Fry, durante un concerto nel coro della chiesa, ebbe l’intuito di trovare una soluzione al problema di raggiungere velocemente la pagina corretta con il testo della canzone in un libro abbastanza spesso: inserire dei fogli nel libro nella pagina corretta!

Post-It notes

Post-It notes

Naturalmente era indispensabile che tali segnalibro fossero abbstanza solidi da non volare via durante la musica ma rimuovibili dal libro senza rovinarlo. L’unione dell’idea di Art Fry e della scoperta di Spencer Silver fece nascere i Post-It.

La storia è piuttosto semplice ma occorre analizzare ancora due punti per comprendere come l’idea si sia potuta trasformare nel prodotto attuale.

Il primo punto riguarda il marketing. Una volta avviata la produzione campione dei quadrati di carta gialli da 6,7 cm di lato, venne deciso di proporli, in via sperimentale, in quattro città americane. Al termine della sperimentazione i risultati furono molto contrastanti: in due città i risultati furono ottimi mentre nelle altre due furono disastrosi. Il motivo fu che nelle due città in cui nessuno comprò i Post-It non venne fatta adeguata pubblicità quindi i consumatori non ebbero alcuna spinta ad acquistare il nuovo prodotto mentre nella altre due città i negozianti fecero una campagna in cui venivano offerti dei campioni gratuiti ai propri clienti che poi, soddisfatti, comprarono ulteriori scorte di quei prodotti.

L’altro punto riguarda la gestione del personale. Grazie alla lungimiranza del William McKnight (presidente dell’azienda negli anni ’30 e ’40), la 3M fu una delle prime aziende al mondo ad applicare (parzialmente) il ROWE, garantendo inoltre ai propri dipendenti la possibilità di spendere una percentuale (circa il 15%) del proprio tempo lavorativo lavorando ad un proprio progetto parallelo: tale tempo a disposizione ha consentito ai due dipendenti di sviluppare uno dei prodotti di cancelleria più venduti al mondo.

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